Il pacchetto di riforme Digital Services Act e Digital Market Act muove un passo deciso e, per certi versi, decisivo verso la regolazione ex-ante, pur ribadendone la complementarietà con l’interventoantitrust ex-post, del quale pure viene rafforzato il presidio sanzionatorio. L’obiettivo esplicito è, infatti, quello di ridisegnare e bilanciare le dinamiche concorrenziali che si manifestano nell’ecosistema digitale, prendendo atto del “potere economico” che le grandi piattaforme esercitano sui diversi versanti dei mercati intermediati. La pervasiva novità, rispetto a regolesettoriali e pro-consumer del passato, consiste nella centralità della profilazione dei dati e della selezione algoritmica nel determinare, da un lato, l’effettiva libertà di entrata di concorrenti e dall’altro la libertà di scelta dei consumatori, in gran parte delle transazioni digitali.
La regolazione proposta agisce su due grandi linee: una orizzontale e simmetrica (che riguarda il trattamento dei ‘contenuti illegali’ diffusi online) e l’altra, di tipo asimmetrico, rivolta alle grandi piattaforme globali online, per le quali il concetto tradizionale di ‘dominanza’, su determinati mercati rilevanti, viene ora ridefinito in termini di “insostituibilità” per l’accesso a più mercati da esse intermediati, grazie al ruolo di ‘gatekeeper’ o di guardiani dei mercati sui quali disciplinano le condizioni di partecipazione. Qui si compie un fondamentale passaggio dalla tradizionale regolazione settoriale ad una di tipo sistemico, nella quale è proprio il modello di business, e la sua dimensione globale, a meritare un particolare scrutinio nell’interesse di imprese e consumatori.D’altra parte, come ci ha insegnato una ricca letteratura, questi modelli di business si caratterizzano per una continua spinta innovativa, guidata proprio dall’apprendimento degli algoritmi. Per scongiurare il rischio di inibire processi d’innovazione, il pacchetto UE coniuga regole e principi generali, affiancando ad una ‘lista’ di comportamenti vietati, la flessibilità dell’analisi caso per caso. Sotto questo profilo, l’approccio seguito oggi appare sufficientemente equilibrato e aperto al confronto, proprio sul tema dirimente dell’impatto sull’innovazione. D’altra parte, su quei comportamenti di mercato che sono già stati studiati e contestati in sede antitrust in precedenti casi (Google, Apple, Amazon) – dal self-preferencing ai vincoli di esclusiva contrattuale e di bundlinganti-concorrenziale, dal rifiuto ingiustificato di condividere alcune tipologie di dati a quello di consentire forme avanzate di interoperabilità e portabilità dei dati e così via – le analisi appaionomature al punto da permettere oggi il salto da un esclusivo trattamento ex-post (antitrust) al campo della disciplina ex-ante (regolazione).
Il punto di frontiera, forse il più innovativo, riguarda la centralità dell’algoritmo e dello spazio informativo nel quale il consumatore esprime la sua doppia libertà: nella scelta dei contenuti e del grado di esposizione della propria attenzione alla esposizione dei propri dati e alla selezione ‘passiva’ operata dall’algoritmo. Il tema della trasparenza degli algoritmi e quello dello spazio di scelta dell’utente erano stati enfatizzati, in Italia, dall’indagine congiunta di AGCM, AGCOM e GPDP. La Commissione muove, qui, un passo importante, e irreversibile, verso questa direzione, mostrandoci anche il trade-off tra l’efficienza dell’algoritmo nel far incontrare domanda e offerta di contenuti e i fenomeni di polarizzazione e auto-selezione che sono alla base delle strategie di disinformazione, hatespeech e altri contenuti ‘illegali’, inclusa la pirateria online, la cui diffusione pure si punta a contrastare. Attraverso processi decisionali aperti alla consultazione con tutte le partie alla valutazione degli impatti, e con un nuovo disegno istituzionale per la governancedell’ecosistema digitale, l’Europa si è candidata al ruolo di standard setting a livello globale. E questa è una buona notizia.
articolo a firma Antonio Nicita e Giovanni Pitruzzella su IlSole24Ore 16/12/20
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