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  • Antonio Nicita

'Par condicio': un'elezione alla volta.

Nell’edizione del Fatto Quotidiano dello scorso sabato, sono state raccolte, sul tema “servizio pubblico: il bavaglio al dibattito sulla Carta”, le autorevoli opinioni di Giuseppe Giulietti, Roberto Zaccaria, Demetrio Volcic e Angelo Guglielmi, peraltro tutte concordi. Dal momento che i primi due interessanti interventi evocano direttamente l’Agcom vorrei svolgere alcune personali considerazioni su alcune questioni di fondo che riguardano l’effettiva portata e il concreto ambito di applicazione della normativa par condicio nei periodi elettorali e non.

Si tratta qui, in particolare, della misurazione del tempo di parola (e in subordine anche del tempo di notizia) nelle testate giornalistiche, mentre altri contenitori televisivi si occupano degli spazi autogestiti o delle cosiddette tribune elettorali, programmi per i quali esiste una specifica disciplina di accesso paritario, anche con riferimento ai candidati ai municipi.

La questione della distribuzione del tempo di parola nelle trasmissioni informative riconducibili alla responsabilità di una specifica testata giornalistica (telegiornali e trasmissioni come Porta a Porta, Ballarò, In mezz’ora, Chetempoche fa e così via, per restare in ambito RAI) è rilevante perché occorre mantenere, in periodo elettorale, un equilibrio tra la libertà editoriale informativa, l’insorgere dell’agenda della cronaca politica e la rappresentatività dei soggetti politici.

L’applicazione della par condicio elettorale per le elezioni amministrative del 5 e 20 giugno si è basata sulla normativa vigente e, in particolare, sulle modalità che sono state specificate dall’Autorità e dalla Commissione parlamentare di Vigilanza RAI, in continuità con quelle in vigore da oltre dieci anni per questo tipo di elezioni. Peraltro, le misurazioni del complessivo tempo di parola in questo periodo elettorale amministrativo (che va dalla convocazione dei comizi alla chiusura delle operazioni di voto) nei telegiornali e nelle trasmissioni legate alle testate giornalistiche di tutte le emittenti hanno fin qui mostrato un andamento con limitate criticità che hanno determinato alcuni richiami dell’Autorità alle emittenti per la sotto-rappresentazione di alcune forze politiche.

Questa volta, le critiche che hanno attratto la maggiore attenzione, anche negli esposti pervenuti all’Autorità, non hanno quindi riguardato la distribuzione del tempo di parola alle elezioni amministrative (quelle cioè che caratterizzano la par condicio elettorale) nelle trasmissioni nazionali ricondicibili a testate giornalistiche – al netto della raccomandazione inviata da Agcom sulla rappresentatività dei candidati Sindaco e sul riequilibrio di alcune forze politiche. Le critiche principali hanno riguardato due altre questioni: la presenza in TV di esponenti del Governo e la prevalenza del tema relativo alle riforme costituzionali, specie negli interventi di esponenti di Governo e maggioranza, tema sul quale, nel mese di autunno e in una data ancora da definire, sarà svolta una consultazione referendaria confermativa. Per quanto mi riguarda, sono convinto che la par condicio resti una delle normative più citate (specie in periodo elettorale) ma anche una delle meno conosciute.

Sul primo punto, infatti, è bene precisare che, nell’attuale normativa, non vi è una diversità di trattamento tra soggetti politici che siano rappresentanti del Governo e tutti gli altri esponenti di partiti e movimenti politici o candidati, né alcun carattere di eccezionalità, come pure taluno ha sostenuto, nella comunicazione dei soli rappresentanti del Governo.

Ciò che è vietato, ai sensi della legge n.28 del 2000 (art.9), è la comunicazione istituzionale delle amministrazioni pubbliche in periodo elettorale, a meno che la stessa non sia necessaria e impersonale.

Al contrario, la disciplina della presenza di esponenti del Governo (come quella di tutti i candidati e di tutti gli esponenti di partiti e movimenti politici) è disciplinata da un’altra norma del 1993 (art.1 comma 5 della L. 515) peraltro non abrogata dal successivo intervento normativo della legge 28/2000. In essa si afferma che la presenza di candidati, esponenti dei partiti, membri del Governo e così via è disciplinata nello stesso modo: essa deve essere esclusivamente limitata (i) alle sole trasmissioni informative riconducibili alla responsabilità di una specifica testata giornalistica; (ii) all’esigenza di assicurare la completezza e l'imparzialità dell'informazione.

La presenza di tutti i soggetti politici e istituzionali (inclusi gli esponenti del Governo) deve essere legata alle esigenze di garantire completezza e imparzialità informativa, in base alla responsabilità editoriale delle testate giornalistiche di riferimento. La completezza informativa riguarda, evidentemente, i temi dell’agenda politico-sociale che l’editore, nell’esercizio della sua libertà, intende rappresentare e che, peraltro, non necessariamente si ‘concludono’ in una data trasmissione, potendo essere completati in un ciclo di trasmissioni, associate alla medesima testata (di qui il monitoraggio bisettimanale e settimanale dell’Autorità). L’imparzialità riguarda sia il trattamento dell’informazione nella singola trasmissione, sia, evidentemente, la rappresentazione di una pluralità di punti di vista, anche questi non necessariamente rappresentabili nella singola trasmissione, ma che devono trovare un equilibrio complessivo di rappresentatività, anche in relazione alla presenza proporzionale dei diversi soggetti politici.

In questo quadro, un’efficace misurazione del complessivo tempo di parola, nel momento (e nei limiti) in cui garantisce una rappresentanza proporzionale ai diversi soggetti politici, permette di coniugare la libertà editoriale con la parità di accesso, indipendentemente dai contenuti trattati, i quali sono, di volta in volta, il risultato complesso dell’esercizio della libertà editoriale dei giornalisti, della libertà di espressione e di selezione tematica dei soggetti politici, delle priorità imposte dalla cronaca politica e sociale. E qui veniamo al secondo punto.

Da alcune parti si sostiene che, nel periodo elettorale per le amministrative, uno dei temi dell’agenda politica (le riforme costituzionali oggetto di futura consultazione referendaria) debba essere isolato, per la sua rilevanza, dal calderone dei temi discussi, per essere trattato e misurato separatamente in via paritaria, anticipando di fatto di alcuni mesi l’applicazione della par condicio elettorale referendaria. Si tratta di una tesi che, pur apprezzabile nelle finalità, costituirebbe un’evidente forzatura del tutto discrezionale dell’attuale normativa e, a mio parere, illegittima perché comporterebbe che l’Autorità decida, di volta in volta, quali temi dell’agenda politica siano così rilevanti da meritare un trattamento da par condicio elettorale ‘referendaria’ (dando cioè spazio di parola equanime 50%-50% alle ragioni favorevoli e contrarie a un dato dibattito). Non a caso, alcuni osservatori hanno proposto una modifica all’attuale normativa per perseguire lo scopo, in ciò evidenziando l’assenza di coperture nell’attuale normativa.

Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha recentemente chiarito, annullando alcune delibere dell’Agcom, che l’attuazione in periodo ‘non elettorale’ delle rigide regole di par condicio in periodo elettorale (in questo caso l’applicazione anzitempo della regola del 50% del tempo di parola al si e al no rispetto alle riforme costituzionali) è illegittima in quanto estremamente limitativa della libertà editoriale.

D’altra parte, se una forza politica ritiene, in questo periodo elettorale amministrativo, di destinare ad una data tematica, la parte preponderante del tempo ad essa dedicato dalle trasmissioni giornalistiche – ad esempio le riforme costituzionali, ma anche la legge elettorale, l’immigrazione, la sicurezza, la corruzione e così via – ciò ne costituisce, a mio avviso, l’espressione della propria libertà di agenda politica – a maggior ragione se la tematica è avulsa dal turno elettorale di riferimento - mitigata dalla libertà editoriale che trova nella completezza e imparzialità il proprio limite.

Peraltro, se - come suggerito dal Prof. Zaccaria - oggi si misurasse il tempo dedicato ad una data tematica (quindi una par condicio tematica anziché la misurazione del tempo di parola in funzione della rappresentatività delle forze politiche), si avrebbero risultati diversi sui vari temi in funzione di ciò che ciascuna forza politica – indipendentemente dalla propria rappresentatività - decidesse di scegliere come elemento caratterizzante la propria iniziativa politica.

Se, ad esempio, un partito che ha il 30% del complessivo tempo parola decidesse di dedicare i 3/4 del proprio tempo di parola a favore di un dato tema, mentre il restante 70% delle forze politiche contrarie a quel tema, decidessero di dedicarvi ¼ del tempo a disposizione, finirebbe per risulterebbe maggioritario (56,2%) il tempo occupato da posizioni favorevoli alla data tematica, sebbene solo una minoranza (30%) delle forze politiche mantenga, in realtà, una posizione favorevole. Certo si tratterebbe un paradosso, ma esso deriverebbe dall’autonoma scelta dei contenuti di cui parlare nel tempo fruito di parola, piuttosto che da uno squilibrio nella rappresentatività. D’altra parte, se in questa ipotetica distribuzione di favorevoli e contrari, ciascuno dedicasse alla medesima tematica lo stesso tempo di parola si avrebbe uno squilibrio opposto. Il che fa anche capire quanto sia difficile e fuorviante applicare due tipologie di misurazione ('si' e 'no' su uno specifico tema da un lato e rappresentatività del tempo di parola complessivo delle forze politiche dall'altro) in uno stesso periodo.

Ne consegue che misurare quel ‘tempo di parola tematico’ come dato esogeno equivarrebbe a una sicura fallacia, a meno che non si anticipi - in via del tutto discrezionale a normativa vigente - la par condicio tipica di un periodo referendario, definendo spazi separati per la discussione del tema e assegnando alle due parti contrapposte il 50% del tempo di parola. Non credo spetti ad un’Autorità di garanzia stabilire discrezionalmente l’anticipo di una par condicio elettorale in un periodo non elettorale o, addirittura, quali temi selezionare dal novero del dibattito politico a tal fine. A mio avviso, solo una riforma della normativa attuale -che ad esempio stabilisca che il tema delle riforme costituzionali nella prospettiva di un referendum confermativo richieda l’anticipo dei tempi previsti per la par condicio elettorale – renderebbe legittima tale scelta.

A normativa vigente, nel caso delle riforme costituzionali, proprio la circostanza che ci sarà un congruo periodo di par condicio elettorale referendaria garantisce che quel tema dell’agenda politica avrà un adeguato periodo di rappresentatività delle ragioni del ‘si’ e del ‘no’. Oggi, a maggior ragione nel periodo della par condicio elettorale per le amministrative, la quantità del tempo da dedicare al tema non può che essere lasciato alla libertà di espressione delle forze politiche, posto, ovviamente, che sia rispettata la distribuzione corretta del complessivo tempo di parola garantito alle diverse forze politiche, coniugandola con le esigenze della completezza e dell’imparzialità informativa.

In conclusione, non ritengo possano trovare legittimo accoglimento, sulla base della normativa vigente, le richieste di anticipazione della par condicio referendaria e ciò al netto delle ripetute critiche ad un Autorità “dormiente”, “in letargo”, in “torre d’avorio” e cosi via, perché inattiva, a quasi cinque mesi dalla consultazione, sullo specifico tema referendario.

Per queste ragioni, sono dell’avviso che, fino al prossimo periodo di par condicio referendaria, ciò che l’Autorità può legittimamente fare è raccomandare alle emittenti - come ha già fatto anche con esplicito riferimento al dibattito sulle riforme costituzionali – il continuo rispetto dei principi fondamentali del pluralismo: l’obiettività, la completezza e l’imparzialità dell’informazione, nonché l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche (decreto legislativo n. 177/2005). Non è tuttavia escluso che l'Agcom, una volta concluso il periodo di par condicio elettorale delle amministrative, decida un atto di indirizzo, sul dibattito relativo alle riforme costituzionali, per il periodo che precederà quello di par condicio referendaria. Con regole rafforzate rispetto a quelle tipiche di un periodo non elettorale, senza che ciò generi confusione sulle misurazioni come invece avverrebbe in periodo elettorale di amministrative. Intanto, l’Autorità ha sollecitato tutte le emittenti a garantire correttezza e completezza di informazione sul tema della raccolta delle firme per la promozione di referendum costituzionali e abrogativi.

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