Apprendo di una polemica che riguarda il modo in cui Agcom avrebbe applicato, oggi e in passato, l’art. 9 della Legge 28/2000.
Ritengo, personalmente, le critiche infondate e peraltro noto una certa confusione sul dettato della norma applicata secondo una prassi costante negli ultimi diciotto anni. Mi pare opportuno, quindi, per chi fosse interessato ad una lettura tecnica della norma, fornire, a titolo personale, alcune informazioni sulla norma e sulla sua applicazione da parte di Agcom, naturalmente secondo il mio punto di vista, scrivendone sul mio sito.
Il tema riguarda la “comunicazione istituzionale” delle PA durante il periodo di par condicio, peraltro definita dall'art.2 della L.150/2000, che la applica ad ogni forma e mezzo. L’art. 9 della legge 28/2000 recita: “Art. 9. (Disciplina della comunicazione istituzionale e obblighi di informazione): 1. Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni. 2. Le emittenti radiotelevisive pubbliche e private, su indicazione delle istituzioni competenti, informano i cittadini delle modalità di voto e degli orari di apertura e di chiusura dei seggi elettorali.”
Sulla utilità o ragionevolezza di questa norma, come di altre che riguardano la ‘par condicio’, si può discutere. Ma Agcom è chiamata ad applicare, finché esistono, le norme vigenti, con ragionevolezza e proporzionalità.
Il riferimento è alla “comunicazione istituzionale” della PA. Le modalità istituzionali di comunicazione possono essere molteplici (art.2 della L.150/2000): ad esempio attraverso affissioni di manifesti della PA, comunicazioni della PA (incluse newsletter), sito web dell’amministrazione pubblica di appartenenza e così via. Secondo il citato art.9 della L. 28/2000, in questi canali di comunicazione, durante il periodo di par condicio elettorale, la comunicazione istituzionale deve essere impersonale e indispensabile per l'efficace svolgimento delle proprie funzioni. Altrimenti è vietata e Agcom è chiamata a vigilare sull'applicazione della norma.
Piaccia o meno la norma, la sua applicazione letterale comporta una sorta di silenzio, ma della (sola) comunicazione istituzionale (non delle iniziative organizzate dall’istituzione) nel periodo elettorale, che non sia indispensabile ed effettuata in forma impersonale.
Attenzione: silenzio nei canali di comunicazione istituzionali e non silenzio della comunicazione personale (di rappresentanti della PA) che avvenga al di fuori dei canali istituzionali. Chiunque occupi le istituzioni in un dato momento può sempre esprimersi liberamente in modo personale su canali comunicativi che non appartengano all'istituzione (in quel caso dunque, senza utilizzare loghi, simboli, stemma, effigi dell'istituzione di appartenenza), circostanza peraltro recentemente ribadita dalla Corte, da ultimo incidentalmente nella sentenza 79/2016.
D'altra parte, per le stesse ragioni, le comunicazioni delle PA indispensabili ai cittadini possono sempre avvenire in forma impersonale come comunicazione dell'istituzione. Non devono cessare semplicemente perché si è in periodo di par condicio.
Quest’anno sono già state prese diverse decisioni (ad esempio qui, qui, qui) da parte di Agcom al riguardo, in base a specifiche segnalazioni. Il criterio è sempre lo stesso ed è stato applicato, evidentemente e ovviamente, a tutti i casi segnalati, caratterizzati peraltro da vari colori politici.
Una recente decisione, peraltro segnalata anche dal Corecom, ha riguardato il Comune di Roma in merito a una iniziativa di comunicazione rispetto alla quale l’Autorità ha ritenuto non sussistere i requisiti di indispensabilità e impersonalità nella comunicazione. Commentando questa singola decisione, alcuni soggetti politici hanno dichiarato che Agcom dovrebbe ora “sanzionare” Palazzo Chigi. Ove ricorressero i presupposti lo farà, ma, come sempre, a seguito di un’analisi di merito del caso. Peraltro l'Autorità è sempre aperta a ricevere in ogni momento segnalazioni.
Aggiungo che, nel proprio monitoraggio, da sempre l’Autorità distingue, per i soggetti che ricoprono incarichi istituzionali, la misurazione di tempo di parola e di notizia dedicata a temi affrontati in veste istituzionali da quelli più propriamente riconducibili alla propaganda elettorale e all’appartenenza a soggetti politici.
Peraltro, vige sempre il comma 5 dell’art.1 della Legge 515 del 1993 il quale recita: “Dalla data di convocazione dei comizi per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e fino alla chiusura delle operazioni di voto, nelle trasmissioni informative riconducibili alla responsabilità di una specifica testata giornalistica registrata nei modi previsti dal comma 1 dell’articolo 10 della legge 6 agosto 1990, n. 223, la presenza di candidati, esponenti di partiti e movimenti politici, membri del Governo, delle giunte e consigli regionali e degli enti locali deve essere limitata esclusivamente alla esigenza di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione. Tale presenza è vietata in tutte le altre trasmissioni”.
***
Altra riflessione personale. Alcune dichiarazioni di soggetti politici non si limitano a richiamare l’attenzione dell’Autorità sul sito di Palazzo Chigi, analisi che l’Autorità svolgerà, come per altre amministrazioni oggetto di segnalazione, ma criticano l'Autorità, accusandola di 'corrente alternata', citando la mancata applicazione dell'art.9 L. 28/2000 nel caso del referendum del 2016.
Premesso che ogni critica è legittima e che l'Autorità ha il dovere di farsene carico, nondimeno le critiche ingiuste e ingiustificate vanno, a mio avviso, respinte.
E una di queste critiche, a mio avviso ingiusta, riguarda proprio il caso, richiamato da alcuni soggetti politici, dell'asserita mancata applicazione dell'art. 9 sopra citato alle lettere inviate all’estero nel 2016 a firma semplicemente di 'Matteo Renzi' (all’epoca Presidente del Consiglio, segretario del PD e promotore del referendum costituzionale), in quanto in quella circostanza Agcom ha proceduto all’archiviazione di una denuncia. Peraltro non risulta alcuna impugnazione a quella delibera di archiviazione.
L’ Autorità ha valutato quel caso con molta attenzione. Dapprima ha accertato se quelle lettere fossero ‘comunicazione istituzionale’ della Presidenza del Consiglio, addirittura chiedendo formalmente se fossero state finanziate o ospitate in un qualunque canale comunicativo istituzionale della Presidenza del Consiglio, ricevendone risposta negativa. La lettera risultò essere inviata dal comitato promotore ed era una comunicazione personale non dell’istituzione. L’accertamento di tutti passaggi ha richiesto qualche giorno e quindi nessun ritardo, in quel caso, non giustificato dai tempi necessari agli accertamenti.
Successivamente, sgombrato il campo del canale istituzionale, si prese atto che il testo della lettera non conteneva alcuna effige o simbolo riconducibile alla Presidenza del Consiglio cioè alla PA, non configurandosi, dunque, in nessuna parte come comunicazione istituzionale. Né appariva in alcuno dei canali di comunicazione istituzionali della PA di riferimento. La mera circostanza che, in quel caso, il firmatario della lettera richiamasse la sua esperienza personale, cioé anche quella di governo, non comportava in alcun modo, secondo l’Autorità, che la comunicazione fosse ‘istituzionale’ anziché personale.
A mio avviso è giusto aggiungere che il percorso logico da seguire è opposto a quello lamentato da chi ha criticato quella decisione di Agcom: è la comunicazione istituzionale che non deve essere personale, non la comunicazione personale (che si esprima fuori dai canali di comunicazione della PA) a non dover avere attributi 'istituzionali' ad esempio allorché citi le esperienze istituzionali di chi parla o scrive.
Altrimenti - mia considerazione personale - nessun candidato che si ripresentasse alle elezioni potrebbe mai – fuori, ripeto dalla comunicazione istituzionale – parlare della propria azione passata di governo, locale o nazionale agli elettori cui chiede un voto. L’art. 9 si riferisce alla comunicazione istituzionale delle PA, non alla comunicazione personale dei singoli individui rappresentanti delle istituzioni al di fuori dei canali ufficiali della PA.
Non c'è quindi, a mio avviso, nessuna corrente alternata o incoerenza d parte di Agcom nell'applicare una norma che, finché vigente, va rispettata ma, soprattutto, va letta e interpretata correttamente. Il criterio, peraltro banale, è sempre lo stesso. Nel corso degli anni la norma ha riguardato vari colori politici, varie amministrazioni. Ma il senso della norma e la sua interpretazione non sono mai cambiati. Invito pertanto a leggere le decisioni passate, presenti e future dell'Agcom avendo in mente il testo della norma. Ricordando che ovviamente le decisioni sono non solo criticabili - se possibile nel merito e al riparo dalla polemica politico-elettorale del momento - ma anche appellabili. Da tempo noto critiche alle delibere par condicio, ma ben pochi appelli al TAR.