E’ troppo frequente il caso di rappresentazioni distorte, faziose e strumentali delle persone immigrate e, in genere, della diversità etnica o culturale, in alcuni cicli di trasmissioni televisive, in particolare su alcune reti private, immediatamente rilanciate sui social network con espressioni di odio. Ma le caratteristiche personali di ciascun individuo non possono in alcun modo diventare obiettivo di violenza e risentimento ai fini della strumentalizzazione politica.
Per questo credo sia doveroso da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni procedere immediatamente ad una indagine dettagliata sui tempi, le modalità e gli orientamenti (favorevoli, negativi e neutri) in merito alla trattazione dell’argomento dell’immigrazione e della diversità etnico-culturale nelle trasmissioni di informazione, approfondimento e anche di infotainment.
Il recente “Rapporto Immigrazione” di Caritas e Migrantes riporta un’indagine sull’informazione sui migranti tra media e cultura dalla quale si evince che allarmismo, economicismo, stereotipi e deficit di metodo caratterizzano diffusamente la stessa rappresentazione mediatica del fenomeno dei migranti, dalle cifre su popolazione e impatti economici alla costruzione dello stereotipo.
In occasione della Relazione annuale dell’Agcom, presentata al Parlamento, la Presidente Laura Boldrini ha affermato che “responsabilità dei media significa anche maneggiare con molta cura deontologica le questioni complesse dei flussi migratori. Cura deontologica non vuol dire sottovalutare i problemi o enfatizzare i vantaggi. Ma vuol dire non fare da risonanza al discorso d'odio, che sta avvelenando il confronto politico, in Italia e non solo”.
Questo autorevole appello va immediatamente accolto anche da parte dell’Autorità nell’esercizio dei compiti di vigilanza che le assegna la legge.
Il rispetto della dignità umana di tutti, incluso lo straniero, è tutelato dalla nostra Costituzione. Come è stato puntualmente rilevato da Paolo Bonetti (Diritti fondamentali degli stranieri, 2011) “la Corte costituzionale ci ha ricordato che il principio di eguaglianza dell'art. 3 della Costituzione non deve essere considerato in modo isolato, ma deve essere interpretato sia in connessione con l'art. 2., che prevedendo il riconoscimento e la tutela dei "diritti inviolabili dell'uomo" non distingue tra cittadini e stranieri, ma garantisce i diritti fondamentali anche riguardo allo straniero (così Corte cost. sent. 18 luglio 1986, n. 199).
In Italia, il fenomeno dell’immigrazione, unito alla crescente preoccupazione per i rischi connessi a possibili attacchi terroristici, sta creando in alcuni casi un clima informativo e culturale che finisce per degenerare in forti contrapposizioni massimaliste, di tipo culturale e quasi antropologico, con il risultato di alimentare il preoccupante rincorrersi di fenomeni di discriminazione fondata sulla diversità etnica, culturale e religiosa.
Per questo motivo l'Agcom, dopo una lunga sitruttoria, ha deciso di inviare alle emittenti un atto di indirizzo. Non si tratta di un provvedimento volto a determinare sanzioni o specifici interventi sulle trasmissioni esaminate, ma a realizzare un rapporto costruttivo.
L'Autorità continuerà il monitoraggio attraverso le schede di osservazione inviate da GECA, l'operatore che svolge per Agcom l'analisi del rispetto del pluralismo politico e sociale, e della tutela dei minori.
In particolare, nel corso di questi mesi Geca ha analizzato alcune puntate (Quinta Colonna del 16 novembre 2015 e quattro puntate di Dalla vostra parte dal 17 al 20 novembre) che testimoniano un dibattito acceso che però non trascende in un incitamento all'odio razziale (puntata del 16 novembre). Semmai, il problema viene rinvenuto nella crudezza delle immagini che il programma propone. Il video amatoriale dell'attentato al Bataclan di Parigi - per la sua brutalità e crudezza - può turbare il pubblico a casa e, in particolare, i bambini nella fascia oraria che precede la prima serata. Un altro tema sototlineato da Geca sottolinea (Quinta Colonna del 16 e Dalla vostra parte del 19 novembre 2015) riguarda le intercettazioni di una giovane donna italiana che si è convertita alla Jihad. Le parole proposte senza filtri adeguati possono rappresentare "apologia del terrorismo" e colpire anch'esse i diritti dei minori, in violazione del decreto legislativo 177 del 2005. Il lavoro di monitoraggio continuerà su questa come su altre trasmissioni e lo scopo dell'Autorità non è certo quello di censurare la liberà espressione ma di farla convivere con forme di rispetto della dignità umana e di tutela degli spetttori e dei minori in particolre, fuori da facili stereotipi.
Il rispetto, costituzionalmente garantito, della dignità umana, del pluralismo e della diversità, in ogni sua forma, richiede oggi un rinnovato impegno delle istituzioni nel nostro Paese, proprio in un momento nel quale la minaccia terroristica punta ad alimentare, anche in tv, l’agenda politica generando nuovi fenomeni di intolleranza.
Sappiamo bene che un pluralismo pieno e sostanziale deve essere capace, al contempo, di rispettare e di rispecchiare le molteplici diversità che oggi caratterizzano la società italiana e la sua ricchezza culturale, alimentandone il fondamento democratico.
Ma il pieno rispetto per la libertà di opinione personale, garantito innanzitutto dalla Carta Costituzionale, deve sempre fondarsi sul rispetto della pari dignità di ogni persona.
Come è noto, la normativa europea ha sempre rivolto una particolare attenzione all’esigenza di assicurare il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali stigmatizzando ogni tipo di discriminazione fondata su tendenze politiche, sociali, culturali e religiose o sulla diversità etnica.
A tal fine, rileva richiamare le direttive nn. 2000/43/CE e 2000/78/CE del Consiglio, concernenti, rispettivamente, l’attuazione del principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dall’origine etnica e dalle caratteristiche personali degli individui, nonché la realizzazione di un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, entrambe recepite nel nostro ordinamento con due decreti legislativi del 2003 (nn. 215 e 216).
Con specifico riferimento al sistema radiotelevisivo, la direttiva 2007/65/CE, recepita nel nostro ordinamento con il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici con integrazioni al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (di seguito, TU), la quale costituisce la colonna portante della regolamentazione dell’Unione Europea sui media audiovisivi, prevede espressamente che “Gli Stati membri assicurano, con misure adeguate, che i servizi di media audiovisivi forniti dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità” (art. 3ter).
Occorre una crescente consapevolezza dei rischi connessi all’impatto sociale di messaggi oggettivamente discriminatori veicolati su mezzi di informazione ad elevata diffusione. Per questo va apprezzato e accolto l’invito della Presidente Boldrini all’emittenza radiofonica e televisiva nazionale e locale al più rigoroso rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla normativa.
Ciò anche alla luce del fatto che tutta l’attività di informazione radiotelevisiva costituisce un “servizio di interesse generale” che deve tutelare la libertà di espressione, inclusa la libertà di opinione sotto il duplice aspetto della libertà di informare e della libertà di essere informati, e garantire la più ampia apertura alle diverse idee e tendenze politiche e sociali (articolo 7 del TU).
Come è noto, l’articolo 3 del TU stabilisce che sono principi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia “…l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale” mentre l’articolo 32, nel dettare disposizioni generali a tutela dell’utenza, prevede espressamente (comma 5) che i servizi di media audiovisivi prestati dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana rispettano “la dignità umana e non contengono alcun incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità”.
In merito al rispetto dei diritti fondamentali della persona e della dignità umana, l’Autorità, in relazione al verificarsi di gravi fatti di attualità, in più occasioni ha già ritenuto in passato, pur nel pieno rispetto dell’autonomia editoriale e della libertà di espressione, di rivolgere un richiamo all’emittenza radiotelevisiva nazionale e locale affinché fosse assicurato nei programmi il rispetto di “criteri di correttezza del linguaggio e del comportamento” adottando ogni cautela volta ad evitare il verificarsi di “situazioni suscettibili di degenerazione”.
L’articolo 10 del TU stabilisce che l’Autorità, nell’esercizio dei compiti ad essa affidati dalla legge, assicuri il rispetto dei diritti fondamentali della persona nel settore delle comunicazioni.
Considerata l’importanza sociale di impedire il reiterarsi di fenomeni di discriminazione fondata sulla etnia o comunque di forme di incitamento all’odio razziale e di contribuire alla prevenzione di fenomeni di violenza derivanti da ogni forma di incitamento all’odio razziale, ritengo doveroso che venga rinnovato l’impegno di chi opera dentro l’Autorità, a partire dal sottoscritto affinché la stessa, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza sul sistema radiotelevisivo conferitele dalla legge, rilevi, richiami e sanzioni tutti quegli episodi di rappresentazione mediatica nelle radio e nelle tv che costituiscono una evidente violazione della dignità della persona.
Antonio Nicita