Che ne è delle politiche per la concorrenza in tempo di crisi? Bisogna puntare su pochi campioni nazionali? Occorre difendere ‘dalla concorrenza’ le imprese per accompagnarne la ripartenza? E l’antitrust è un lusso che in tempi di crisi non possiamo permetterci?
Si tratta di vecchie questioni che si ripropongono ad ogni crisi finanziaria da diversi decenni e che spesso incrociano anche il tema del confine mobile tra stato e mercato, nell’impatto sul sistema produttivo e sulle imprese degli stimoli e di varie forme di sussidi pubblici. Questo dibattito carsico, dal secondo dopoguerra in poi, tende quasi sempre a concludersi con l’idea che la tutela della concorrenza e del mercato non deve arretrare di fronte alle crisi economiche profonde, perché altrimenti queste ultime potrebbero finire con l’aggravarsi. La tutela o la creazione di monopoli, infatti, finirebbero per trattenere risorse innovative proprio nei periodi in cui la concorrenza può alimentare la ripartenza. Ed esserne il volano. Questa tesi è stata ripetuta ieri, su questo giornale, da Margrethe Vestager in un interessante intervento sul rapporto tra resilienza e concorrenza nel mondo post-covid19 che tutti attendiamo. La preoccupazione di Vestager è evidente in ragione proprio del ruolo di stimolo del Recovery Fund e delle connesse politiche pubbliche di ripresa: occorre fare molta attenzione a non generare disequilibri nella ripartenza, non solo perché la concorrenza avvantaggia gli utenti e i consumatori finali di servizi e beni, ma anche e soprattutto per la dinamica dell’innovazione green e digital. Inoltre, secondo Vestager, si pone il tema, da un lato, di non confondere ‘sostegno’ con eccesso di protezione di campioni nazionali, dall’altro di evitare di esser vittime, in Europa, di campioni nazionali ‘extra UE’ finanziati nei loro paesi. Questo tema della reciprocità è quello più complesso da affrontare, tuttavia, in ragione delle molteplici forme di ‘aiuti’ che possono provenire a campioni nazionali extra-ue: non solo sussidi tout court, ma anche condizioni favorevoli dalla tassazione, dalla regolazione, dalle regole sul mercato del lavoro, dalla protezione della proprietà intellettuale, per citarne alcuni. Inoltre, usciremo dalla pandemia con velocità diverse e con diverse ferite sul tessuto economico e sociale. Ciò significa che il tema della reciprocità affianca alla relazione concorrenza-resilienza, di cui si occupa Vestager, un’altra importante relazione, quella tra ripresa e competitività. Non si tratta certo di far arretrare le politiche di tutela della concorrenza, ci mancherebbe. Ma si tratta piuttosto di comprendere come evitare che le asimmetrie esistenti e in divenire, anche per effetto delle politiche di recovery, dentro e fuori l’Europa, possano distorcere le dinamiche della competitività proprio nella fase di ripartenza. In molti paesi europei gli investimenti sulla trasformazione digitale e sulla transizione ecologica genereranno una domanda per prodotti e servizi che in larga parte rischia di indirizzarsi verso grandi fornitori esteri di tecnologia, proprio perché, come ammette Vestager, ci sono alcune debolezze strategiche dell’Europa, come ha purtroppo dimostrato la vicenda che riguarda la produzione dei vaccini di contrasto al Covid19. In questi casi, ci sembra, il tema di una spinta alla competitività europea ponga talune questioni rispetto alla cooperazione tra paesi membri e tra industrie nazionali nella definizione di politiche industriali rispetto alle quali la misura della concorrenza si definisce su mercati rilevanti globali. Non c’è dunque soltanto un tema di tutela della concorrenza su mercati nazionali o europei, ma c’è la grande questione della ridefinizione della dimensione geografica e del prodotto di mercati rilevanti in funzione delle dinamiche globali della competitività e della innovazione. Un tema certamente noto e battuto in riferimento alla cosiddette Big Tech, per le quali l’Unione europea ha proposto una regolazione che ambisce a diventare uno standard globale. Ma anche in quel caso, temi come gli standard delle Tech Tax influenzano poi il grado di competitività globale, al di là delle opportune forme di regolazione che saranno introdotte su altri aspetti. Nel momento in cui molti recovery plan dei paesi europei puntano a realizzare forti investimenti nella trasformazione digitale diventa importante comprendere quali impatti questi investimenti genereranno sulle dinamiche del capitalismo digitale, sulla vitalità delle start up innovative europee, sulle soluzioni pubbliche del Cloud come nel progetto Gaia X e così via. Si tratta di questioni sistemiche che rendono nuova questa crisi “pandemica” e che richiedono anche nuove domande di policy. Ad esempio, come suggerisce in fondo Vestager, pensando appunto alla competition policy in senso ampio, non solo come applicazione ‘automatica’ dell’Antitrust law, ma anche come disegno di nuove politiche industriali e di nuove forme di co-regolazione e di regolazione capaci di sostenere gli obiettivi di lungo periodo di Next Generation EU e dunque la coesione sociale, la sostenibilità, l’innovazione, la cittadinanza digitale degli europei.
Scritto con Oreste Pollicino e pubblicato su IlSole24Ore dell'8 aprile 2021
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