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Antonio Nicita

Broadband-scettici? Ma lo status quo non è un'opzione.


(pubblicato qui: NOVA - Ilsole24Ore )

Il lungo dibattito sulle politiche pubbliche di sostegno alla banda larga sembra registrare una novità: l'irrompere dei "broadband-scettici". All’annoso dibattito sulle ragioni dell'intervento pubblico si è infatti aggiunta, da parte di taluno, la paura che la corsa al digitale si riveli un affare solo per le tasche delle imprese straniere: manifatturieri, operatori globali, 'over the top'.

Ma è davvero così? Va cercato nello status quo e nel neo-protezionismo digitale il futuro dell'innovazione italiana?

A giudicare dai numerosi studi (Ocse, Banca Mondiale e ITU) che hanno misurato un impatto positivo e durevole sulla crescita economica da parte degli investimenti pubblici e privati in banda larga, la risposta è negativa.

Per dirla con Keynes, se talvolta basta scavare buche per stimolare domanda e crescita, posare fibra in quelle buche non può che migliorare le cose! Fuor di metafora, il tema è quello di individuare l’ottima complementarietà tra politiche pubbliche e iniziative di mercato, favorendo le molteplici strategie pubbliche che possano incentivare un salto innovativo, ove altrimenti assente, favorendo al contempo spinte alla domanda e forme avanzate di condivisione, con importanti ricadute locali.

Ad esempio, nel caso di una rete passiva e tecnologicamente neutrale (come quella incentivata dal Piano del Governo) si ha un’architettura in fibra il cui costo almeno per l’85% è imputabile agli scavi (cioè ad attività di imprese italiane) e per il resto da materiali, soprattutto fibra, che in Italia hanno importanti produttori mondiali, come anche nella fotonica. Va poi ricordato che i maggiori produttori mondiali di apparati, per le architetture di rete che li impiegano, hanno aperto sedi in Italia e collaborano attivamente con le nostre università in ricerca avanzata.

I broadband-scettici si chiedono: perché investire risorse pubbliche nella rete fissa, quando la banda larga mobile 4G offre soluzioni soddisfacenti? Ma la rete è unica. Anche se l'accesso può venire dalla rete fissa o da quella mobile. In presenza di una domanda esponenziale di capacità, le più innovative architetture di comunicazione si caratterizzeranno per soluzioni fortemente integrate che interesseranno sempre più la comunicazione tra oggetti connessi oltre che quella tra persone.

Per favorire la banda larga mobile, d’altra parte, sarà sempre più necessario liberare risorse frequenziali. E allora anche la tv “dovrà” viaggiare sulla Rete. L’Italia, insieme alla Grecia, è l’unico paese in Europa a non avere una rete di telecomunicazioni alternativa (il cable) e ciò costituisce una ragione aggiuntiva per investire in reti di nuova generazione ad altissima capacità di banda.

Alcuni "broadband scettici" hanno poi osservato ,che la pubblicità on-line potrà mettere in crisi l’industria audiovisiva italiana in favore degli over the top (Google, Netflix e così via). Probabile. Ma molto dipenderà dalla capacità innovativa dei media italiani di muoversi verso la ‘connected tv’, dall’emersione di nuovi modelli di business e di fruizione, dalla produzione nazionale di contenuti, anche indipendenti, ad alto valore, dall'avvento di una regolazione innovativa che possa adattare strumenti tradizionali a nuovi contesti competitivi.

L’espansione della regolazione ai nuovi mercati da un lato e politiche pubbliche volte a soddisfare bisogni altrimenti inevasi, dall'altro, possono quindi costituire elementi preziosi di una risposta strategica, di sistema, a fenomeni inarrestabili e già in atto.

Al contrario, il broadband-scetticismo preso sul serio appare l'elogio dello status quo: una sorta di accanimento terapeutico su un paese per vecchi (paradigmi). Una difesa eroica e e velleitaria di rendite comunque destinate, presto o tardi, ad evaporare, se sceglieremo l'inerzia come risposta impaurita alle sfide globali.

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